Archeologia

La Sezione archeologica ha visto aprirsi nel 2003 un primo segmento con protagonisti i secoli centrali dell'impero; il percorso - ampliato, nel 2007, a comprendere il complesso archeologico della Domus "del chirurgo" - dal giugno 2010 ospita il patrimonio archeologico testimone del  cammino dell'uomo nel territorio dalla preistoria al tardoantico.

L’itinerario prende le mosse da un milione di anni fa con i segni della presenza dell'homo erectus sul colle di Covignano, allora lambito dal mare che sommergeva il piano su cui sarebbe nata la città. Le selci scheggiate riconducono a un’industria litica che trova confronti con famosi e coevi giacimenti preistorici italiani, come quello di Cà Belvedere di Monte Poggiolo nel forlivese.
Proseguendo il viaggio in una storia senza soluzione di continuità, si incontrano “preziose” eredità: le selci scheggiate e levigate del neo-eneolitico cui si affiancano le prime forme ceramiche all’interno della nuova economia agro-pastorale; i ripostigli dell'età del bronzo, depositi di oggetti occultati da commercianti-fonditori; i corredi dalle necropoli villanoviane degli abitati cresciuti sotto l'influenza di Verucchio; i prodotti delle genti (Etruschi, Umbri, Greci, Celti…) che tra VI e IV secolo a.C. hanno frequentato la valle e la foce del Marecchia. Fra le testimonianze più significative del variegato panorama culturale che caratterizza “Rimini prima di Rimini” è la stipe di villa Ruffi, un deposito votivo rinvenuto nel 1890  sul colle di Covignano – l’acropoli di Ariminum -  e quindi disperso nel mercato antiquario. Contaminazioni culturali ed etniche trapelano anche dagli scavi effettuati nell’area dell’ex Seminario, alle prime pendici del colle, e in particolare dalla singolare tomba di guerriero.

La fondazione della colonia di Ariminum, compiuta nel 268 a.C. da parte dei Romani alla foce del fiume eponimo, rientra nel processo di occupazione della pianura padana. Rappresentativi di questa fase sono, accanto ai depositi votivi, esemplari di aes grave, la moneta fusa con l’effigie di un Gallo, così come i pocola deorum, le ciotole con nomi e sigle di divinità e dell’organizzazione territoriale della colonia.

Si delinea quindi il profilo dell'Ariminum tra III e I sec.a.C., in cui le domus accolgono spazi abitativi a fianco di vani di servizio per l’attività artigianale. La produzione di ceramiche a vernice nera ha un’esauriente campionatura del vasellame da mensa e da cucina, nonché di lucerne nello scarico urbano di palazzo Battaglini. A connotarne l’ambito produttivo sono gli scarti di fornace, i numerosissimi anelli e i cilindri distanziatori.
La città esprime la sua anima attraverso i monumenti funerari delle necropoli dislocate lungo le principali vie di accesso, le sculture e le terrecotte decorative di edifici religiosi o civili. Il Covignano, ricco di  boschi e sorgenti, conferma l’antica vocazione cultuale che manterrà per tutta l’epoca romana. Alle soglie del I sec. a.C. la religiosità del colle assume forme monumentali: evocano un tempio imponente gli otto capitelli che la tradizione assegna a San Lorenzo in Monte, così come la testa di divinità femminile in marmo greco.

Incrociando i grandi personaggi della storia di Roma (da Camillo a Flaminio, da Mario a Cesare), Ariminum entra nell’epoca imperiale come colonia rifondata da Augusto che, oltre a curare il riassetto della viabilità urbana ed extraurbana, la dota di importanti monumenti (dall'Arco al ponte sul Marecchia al teatro), di acquedotti e sistemi fognari. A rinnovarsi è anche l'edilizia, che vede la conversione delle aree produttive in aree residenziali. Le domus (quelle di palazzo Massani, dell’Arco d’Augusto, dell’ex San Francesco, dell’ex Vescovado, del Mercato Coperto, di via Sigismondo…) presentano interni pavimentati da raffinati mosaici con ricche geometrie, eleganti motivi figurativi, campiture monocrome impreziosite da marmi colorati; a denotare amore per il lusso, agiatezza economica e fervore culturale sono anche gli arredi, gli affreschi parietali, le sculture, le ceramiche e gli instrumenta.
Esemplari della media età imperiale sono la domus di palazzo Diotallevi - da cui proviene, fra gli altri, il mosaico con l'ingresso delle barche nel porto (forse quello di Ariminum, emblema anche della sala dedicata al tema del mare) - e  la Domus  del chirurgo.
Emersa dagli scavi dell'attigua piazza Ferrari, la domus del chirurgo deve la sua fama internazionale al corredo di strumenti chirurgici (il più ricco del mondo romano a noi noto) e dell'attrezzatura per la preparazione dei farmaci. Rarissimo il quadro in vetro con raffigurazione di pesci che ornava il triclinio. Alla cultura greco-orientale rimandano il graffito sull'intonaco della stanza adibita a "day hospital", le incisioni su piccoli vasi per medicinali e l’iscrizione sulla base di una statua. L’esposizione dei materiali è introdotta dalla taberna medica ricostruita in scala prossima all'originale.

Nel percorso si apre ora una sorta di piccolo pantheon che accoglie dei ed eroi di Ariminum: Eros, Dioniso, Priapo, Sileno, Venere, Minerva, Fortuna, Orfeo e il mitico Ercole…. cui si affiancano i culti orientali a testimoniare il sincretismo religioso e culturale dell'epoca.

Il mosaico pavimentale è protagonista anche della Rimini tardoantica. La Sezione ne presenta splendidi esemplari a campionatura del patrimonio accumulato negli scavi di palazzo Gioia, palazzo Palloni e Mercato Coperto: qui sono venuti in luce i resti di domus palaziali erette fra V e VI secolo, nel clima del rinnovato impulso che la corte imperiale di Ravenna diede all’attività edilizia. In delicate policromie i mosaici sviluppano intricati motivi geometrici che si dilatano ad occupare le grandi superfici, disegnano schemi complessi, scandiscono percorsi o fanno da cornice a immagini figurate. Fra queste spiccano la cd. "Venere allo specchio" e la scena di processione con doni dalla domus di  palazzo Gioia che ha restituito anche il mosaico delle Vittorie, immagine sulla soglia di un ampio vano di rappresentanza; esempio della migliore arte musiva del II secolo, il pavimento sopravvisse per centinaia di anni mantenendo alla stanza la funzione di ricevimento anche nella ristrutturazione in forme palaziali della domus imperiale.
Indici del tenore di vita nelle dimore tardoantiche all’apice del loro splendore, i mosaici evidenziano anche la rapida decadenza, preludio dell’abbandono della metà del VI secolo, al tempo della guerra goto-bizantina che sigla il passaggio dalla  romanità al medioevo. Emblematico l’esempio di una tomba alla cappuccina, anonima sepoltura, che va ad intaccare con una profonda ferita un mosaico tardoantico. Immagine che anticipa il segmento altomedievale che andrà a raccordare il  percorso classico alla Sezione medievale.